Verena

Verena Daldini-Hug è nata e cresciuta a Mettmenstetten nel Canton Zurigo. Ha lavorato nel settore bancario diversi anni trasferendosi in Ticino dopo il matrimonio. Si è sempre interessata alla pittura iniziando a dipingere su ceramica e porcellana passando poi in un secondo tempo all’acquarello. La sua curiosità alla ricerca di stimoli nuovi l’ha portata poi alla tecnica mista su cartone, legno e tela. Ha partecipato a diversi workshops con noti artisti, in Svizzera e in Germania.

Presentazione di Paolo Blendinger (Torricella, 24 novembre 2009)

Verena Daldini, che ha cominciato ad esporre le sue opere un paio d’anni fa, dopo una formazione da autodidatta svolta in diversi corsi privati, fra cui quello con Dina Moretti, lavora volentieri su supporti rigidi quali carte, cartoni e compensati che permettono sovrapposizioni di materia e di colore, incollature, abrasioni, strappi e tocchi finali incisi, graffiati o apposti con matite grasse.
E’ un lavoro di costruzione ed assieme consunzione continua della superficie pittorica sulla quale finiscono per emergere, imporsi campire con trame di segni decantate da alchimie che si muovono tra casualità e controllo.
Nascono così le immagini dell’artista quali realizzazioni, presenze suggestive che riecheggiano il travaglio creativo. Esse si propongono, nelle tecniche miste, come parti, frammenti di contesti più ampi che suggeriscono con le superfici slavate, patinate e segnate una dimensione temporale, un vissuto in equilibrio tra le esperienze acquisite e le incertezze di una ricerca del sé  ancora perseguita.
Non a casa il suo lavoro si muove, oscilla fra figurazione ed astrazione dove la sintassi stilistica pare guidata più dal medium e dalle soluzioni trovate che da un progetto predeterminato.
Le superfici astratte delle tecniche miste recuperano nell’acquerello la figurazione ritornando all’appunto naturalistico, volentieri dei fiori quale motivo di resa coloristica d’eccellenza.
Anche qui la ricerca stilistica sembra in divenire contrapponendo appunti veloci, istintivi di grande freschezza e leggerezza con composizioni elaborate in senso decorativo marcate da scansioni ritmate e regolari come nei Giunchi di bambù.
Gli approcci impostati esprimono con continuità una risolta inquietudine dell’anima e con essa un’ansia espressiva profondamente sentita ed intensamente vissuta nel confronto creativo solitario dell’atelier. Certo è che Verena Daldini si fa guidare esclusivamente da questo piacere di svelare universi, di dar forma inedita ad un pensiero o un sentimento che si focalizza, per quanto detto sopra, parallelamente al divenire, all’impaginazione dell’opera.
L’artista, e qui sta la caratteristica fondamentale del suo approccio, non predispone dunque nulla nelle sue costruzioni formali, non impone l’architettura del disegno, ma si fa guidare esclusivamente dai segni apposti con l’assoluta vocazione di una sperimentazione continua.

Presentazione di Walter Ghidini 

Il linguaggio di Verena non si esaurisce sulla superficie delle sue immagini ma, se compreso, le trasforma, le trasgredisce in una sorta di continuità metamorfica che fa acquisire loro una tessitura insolitamente barocca, proprio per quel caratteristico e continuo involversi in indistricabili labirinti psicologici.
 Il lavoro della sua arte è uno scavare interiore dentro la stessa materia del sensibile e del visibile, fin dentro le similitudini sepolte, invisibili, finché qualcuno non le segnali, ed è proprio perché qui la verità è caduca e basta un alito di vento a spazzarla via che dobbiamo fidarci di essa, altrimenti al suo posto troveremmo solo apparenza. La tramatura della forma pare dimostrare una volontà espressionistica, forme e cromie sembrano appartenere di diritto al più convinto cubismo grafico e pittorico, ma in realtà il lavoro di Verena è sperimentazione continua che non si omologa a nessuna corrente specifica. È il gioco delle velature e delle trasparenze che interessa maggiormente l’artista che porta avanti una ricerca continua giocata sulla percezione visiva e materica.
Alla pittura astratta, che si è fatta anche materica, l’artista sovrappone, alternandole, linee informi e alfabeti fantastici che rassodano l’immagine in giochi visivi raffinati, in un costante e nuovo contrappunto tra interiorità ed esteriorità della visione.
Il clima espressivo rimanda a regioni interne della sensibilità e della coscienza, chiuse e impenetrabili, sigillate dal silenzio.
Comincia qui il viaggio tra le simbologie che Verena ci propone, a volte nette a volte sottintese, segno-simbolo di una dicotomia tra la proiezione esterna del sé e il più discosto mondo intimo, sofferto e segreto, luogo di scandagli di una brillante penombra.

Presentazione di Emanuela Rindi

C’è un profondo senso dell’armonia, sotteso fra esigenza espressiva ed inquietudine interiore, nell’opera dipinta di Verena Daldini. Le sue opere rivelano un talento naturale che sa trasformare elementi del reale in liricissime “forme-non forme” e, nel contempo, raffigurare tematiche legate alla psiche e alle sue molteplici, recondite, manifestazioni: visioni interiori che nascono dalla riflessione su emozioni e sensazioni filtrate attraverso la propria soggettività e, per questo, lontane da quella realtà sensibile che l’uomo è portato ad indagare razionalmente. L’artista è colui che della realtà si serve per approdare al concetto, all’irreale, all’evocazione ideale, guidando alla scoperta di una dimensione che non sarebbe descrivibile con altrettanta efficacia con un linguaggio diverso da quello prescelto. 

Il mezzo pittorico consente a Daldini di fermare sulla tela stati d’animo in divenire, di raccontarsi selezionando accuratamente colori, materiali e superfici tattili,  osservati prima singolarmente e poi ricombinati tra loro a costruire l’incipit di un racconto o un brano di una partitura musicale. La scelta di ogni singolo particolare è forse più istintiva che consapevole ma la cura dell’esito finale, ovvero della tela nel suo complesso, attesta una volontà ferma e sicura, un profondo senso di autodisciplina e il desiderio di raggiungere uno stato di serena consapevolezza. Osservare una tela di Daldini è come assistere ad un dialogo che l’artista intrattiene innanzitutto con sé stessa, indagando luci ed ombre del proprio percorso personale al fine di riconoscerle, circoscriverle e lasciarle emergere in superficie. L’effetto è dirompente: le esperienze felici e quelle critiche trovano un contrappunto nella materia pittorica trasmettendo un’energia vibrante, una tensione emotiva che travalica i confini fisici dell’opera pervadendo lo spazio circostante e toccando le corde più intime dell’animo dell’osservatore. Nelle intenzioni dell’autrice il rapporto tra l’opera e lo spettatore non è mai predeterminato; il racconto che si svolge di dettaglio in dettaglio, invitando a soffermarsi su ogni singolo particolare per poi ricostruire una propria, personale, visione d’insieme. Talvolta l’esigenza di raccontare è così forte che il discorso si sviluppa articolandosi in dittici o per cicli; in questi lavori polimaterici increspature di colore acrilico, ritagli di giornale, carte ondulate, stoffe e rilievi in sabbia si fondono in visioni luminose ed enigmatiche, da cui emerge un lavoro di costruzione e, al tempo stesso, di consunzione della superficie pittorica. Mossa da un’instancabile sperimentalismo tecnico e da una vivace curiosità, Verena Daldini si muove alla ricerca di soluzioni formali sempre nuove, in grado di rivelare le molteplici proprietà espressive della materia e di arricchire il suo personale repertorio “linguistico” ormai consolidato. Una costanza, una determinazione che certo è facile ricondurre al carattere nordico della sua formazione. Ma c’è un aspetto della sua personalità che crea un insolito contrasto con tanta disciplina: l’ironia.  Un’ironia leggera e disimpegnata che traspare dall’inserimento nei dipinti di testi e lettere, spesso a suggerire giochi di parole oppure a sottolineare (e talvolta a contraddire) il titolo dell’opera, rivelando un gusto raffinato anche per l’aspetto ludico dell’Arte, contestualizzato sempre e comunque in una dimensione armonica.

La piacevolezza estetica che da sempre guida il suo percorso deriva probabilmente dalla ricerca artistica degli esordi, improntata alla tradizione figurativa e applicata soprattutto al decoro su porcellana. Queste prime opere rivelano un profondo legame con la natura, con il paesaggio e con le suggestioni provate dinnanzi alle sorprendenti creazioni della natura, come i fiori e le farfalle; creature colorate e fragili, emblematiche se lette in chiave simbolica ed esistenziale, che ancora oggi compaiono nelle opere della pittrice sotto forma di spunti dai contorni indefiniti. 

Il legame con la leggerezza -lievità del mezzo ma soprattutto dello spirito- traspare soprattutto dalla scelta di affiancare alla ricerca polimaterica una ricerca parallela sull’acquerello. I suoi disegni vivono naturalmente di quella trasparenza e di quella delicatezza che è propria del mezzo impiegato; se i paesaggi richiamano alla mente i panorami e i profili delle montagne alpine, le silenziose ed equilibrate composizioni geometriche, prevalentemente sui toni del blu, rimandano agli studi su carta di Paul Klee dimostrando, ancora una volta, una ricchezza espressiva ed una vitalità inventiva che sfugge ad ogni semplice definizione. 

Esposizioni

2008 Atelier Giornata porte aperte Cadempino
2009 Studio d’arte il Lago Laveno, Italia
2010 Sociéte Generale Lugano
2011 Collettiva Galleria Alter Ego Ponte Tresa
2011 Ente Turistico San Bernardino
2012 Inaugurazione nuovo atelier Massagno
2012 Diverse Collettive Atelier Capricorno Varese
2013 Collettiva Galleria Alter Ego Ponte Tresa
2013 Kunstforum International Meisterschwanden
2013 Osteria del Centro Comano
2013/2014 Osteria del Centro Comano
2013/2014 Parole de Fleurs presso Grano Giardini, Vezia
2014 Villaggio arte natura, collettiva Moesano, San Bernardino
2014/2015 Hotel Bellevue, San Bernardino
2016 Art Innsbruck collettiva
2016 “Sinergie” collettiva, salda del Torchio Balerna
2016 collettiva con Associazione Pittori Scultori Ticinesi Lugano
2016 collettiva Artwork, Extrafid Lugano
2017 “Letter and Letters” 9m2 gallery Morcote
2018 “Istanti d’istinto” bi-personale Galleria Spazioporpora Milano
2018 “Espressione al femminile” collettiva, Fiera Igea Mendrisio
2018 “Collettiva di Primavera” Fiera di Primavera, Chiasso
2020 “Artisti della 9m2 gallery” 9m2 gallery Lugano
dal 2017 esposizione permanente presso  Baja Ristorante D-Lounge Melide